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ricordi dal Brasile

Fa caldissimo in questa notte, mi sveglio, mi alzo e mi avvicino al tavolo. La bottiglia dell’acqua è appoggiata li sopra, accanto c’è il bicchiere, lo riempio e sorseggio dell’acqua. È una notte diversa dalle altre, è una notte nella quale non riesco a trovare pace per riposare. Provo a rimettermi a letto, affido i miei pensieri al Signore, cerco in Lui il conforto, lo faccio spesso perché so che così posso trovare la forza per passare questi momenti.

Prego, e ripenso alla giornata appena trascorsa. Rifletto sulle parole sconnesse di quel piccolo angelo, quelle parole dove lui mi ha raccontato il suo disagio. Il mio cuore è ferito. Stava cercando di scappare, l’ho trovato sulla strada sterrata che porta alla fazenda dove ci sono gli altri dormitori, e che percorrendola proseguendo per alcuni chilometri ti ritrovi sulla strada per Fortaleza. Di una cosa però ne so certo, non stava di certo tornando da suo padre. Era la sera venerdì, e domani mattina il bus lo avrebbe riportato a casa per il week end, ma questa volta non sarà così, almeno non questa settimana. Ho accostato la macchina ai bordi della strada e scendendo mi si è fatto incontro, ha capito che non serviva a nulla scappare, lo ho avvicinato ed ha iniziato a piangere. Mi ha abbracciato, cercava quel supporto che da troppo tempo gli manca, quella sensazioni di sentirsi voler bene. È stato strano vederlo così, quando sono nella scuola e vedo questi bambini hanno spesso la forza di ridere e di contagiarti con il loro umore, ma ora capisci che spesso è solo perché riescono a vivere questi momenti lontani dalle loro situazioni così tragiche per delle così piccole creature. Quando si è calmato ha iniziato a raccontarmi che scappava perché non voleva tornare a sentirsi dire che sua madre era morta per colpa sua, sentirsi dire quelle cose da suo padre che non fa altro che bere, menarlo e spesso abusare di lui. E il mio cuore si lacera sempre di più perché come lui tanti altri ragazzini vivono queste situazioni e noi possiamo aiutarli e cerchiamo di farlo il più possibile, ma mi sento impotente di fronte a tutto questo male. Riprendo a pregare.

La notte passa, ma vorrei che portasse via con se tutto questo male, ripenso all’abbraccio di questo bambino, dove mi chiedeva aiuto, ripenso a tutti gli alunni, alcuni arrivano qui che sono volenti e spesso fanno uso delle loro mani, come per difendersi da qualcosa, ora capisco da cosa.

E la mattina si sta aprendo, esco nel cortile e uno dei primi sguardi che incontro è proprio il suo, è lo sguardo curioso della piccola anima che questa notte mi ha tolto il sonno. Mi guarda e mi sorride, ora so cosa vuol dire quel sorriso, è un sorriso che vuol dire libertà.


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